“Adesso tu non fai niente per me, se potessi verrei a trovarti a Parigi, ricordatelo. Pablo, ti dicevo, sono fragile come tutti quelli che amano, e ti lascio immaginare il dolore che provo dovendo passare tanto tempo senza vederti […] Quando non vedo un tuo disegno sul buffet, in alto, come sempre da quando eri piccolo, mi sento tremendamente triste...”
Lettera di María (madre dell’artista), 18 marzo 1907 (1)
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Sul suo documento di identità francese era rimarcata a caratteri grossi la dicitura: straniero.
Tale status sociale gli rimarrà appiccicato addosso fino a tarda età, come la diffidenza nei suoi confronti delle Autorità statali e artistiche, la xenofobia dei giornalisti, il disprezzo dei cittadini contro gli immigrati.
Pure quando Picasso divenne famoso in America, e in gran parte dell’Europa, seppur dal 1900 regolarmente residente a Parigi, era oggetto di dileggio e le sue opere vennero esposte molto tardivamente in Francia (come vedremo nelle prossime puntate).
Le domande di naturalizzazione francese, richieste dall’artista, anche se oggetto di importanti raccomandazioni, vennero sempre rigettate. Picasso rimase un emarginato per volere dell’Autorità e, quando nel 1958, il generale De Gaulle volle finalmente conferirgli la cittadinanza assieme alla Legione d’onore, il Maestro le rifiutò entrambe.
Vi consiglio il libro da cui ho tratto le testimonianze e le citazioni di questo articolo: “Picasso. Una vita da straniero”, di Annie Cohen-Solal, Marsiglio editore (2024).
1900, l’anno dell’Esposizione Universale a Parigi e del primo viaggio di Pablo Picasso per trasferirsi nella capitale francese.
L’insicurezza economica dell’epoca alimentava una forte tendenza alla xenofobia, sia nei movimenti nazionalistici che nei discorsi populisti di chi governava. Picasso scelse di rimanere in Francia perché l’ambiente culturale era teso all’innovazione, in fermento. C’era un sottobosco di stranieri (poeti, pittori e mercanti) impegnati in una costante ricerca, desiderosi di scoprire nuove linee comunicative. In Spagna non esisteva una marea creativa simile.
Picasso si gettò nel lavoro per stare alla larga dal caos generato dall’odio, affrontò la miseria e l’ingratitudine, si concentrò sulla sua vocazione anche quando arrivarono i soprusi e le violenze delle due Grandi Guerre. E come straniero rivoluzionò l’arte conosciuta fino a quell’istante…
Link alla seconda parte su Picasso:
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A sabato prossimo. Sempre qui. Dalle 10 in poi.
Gio
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Fonti tratte dal volume ‘Picasso. Una vita da straniero’, di Annie Cohen-Solal, Marsiglio editore (2024).:
Molto interessante!!!!