Scrivo storie perché amo il tempo universale, quello delle emozioni poiché appartiene a tutti noi. Mi lascio ispirare dalle vite attorno a me, anche da quelle del passato. Possiamo essere l’uno per l’altro come degli specchi dove ritrovarci.
Nasco con il teatro, per cui ho scritto diverse drammaturgie e intrapreso alcune avventure come regista. Mi faccio aiutare dai miei gatti, Agatha e Max. Il nome di lei è un omaggio a Christie, per lui ho scelto Max Linder.
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Buona lettura!
Foto di Kevin Schmid su Unsplash
Schiaffo!
Monologo. Storia breve di vita.
(Rivolta al regista) Eccomi. Dove mi metto? Al centro? Ah, qui. Ok. Cosa? Come sto? Intendi me? Io? Bene, a parte il solito fastidio qui. Mi succede a ogni provino, una mano mi stringe lo stomaco, il cuore batte come un dannato, è tanto dannato il mio cuore. Fa baccano. Toc, toc, toc ma per fortuna nessuno lo sente. Sono pronta eh, per iniziare! Sì, diamoci del tu. Il teatro è una grande famiglia. Si dice così.
Cos’ho in faccia? Il mio trucco fa schifo? Il mio trucco è da puttana? Non per fare l'impertinente ma la truccatrice, dietro le quinte, mi ha detto di essere tua sorella! No, no, non voglio fare polemica. Decidi tu, sei il regista. A te spetta sopratutto ciò che non funziona. Devo dire che sei proprio super partes, mazzi anche per i parenti! Sì, va bene, la smetto subito. Sì, sì, sono pronta. Ecco. Cosa devo fare? Parlare di me? Di cosa? Del mio arrivo a Bologna? Va bene. Un attimo eh, ci penso…
Sono arrivata un autunno fa. Bologna. Una torre pendente e una calamita a forma di tortellino vecchia di sedici anni, incollata là, nella casa d'infanzia, come la mia fissa per te. Non sapevo altro, non conoscevo nessuno. Sono arrivata quando la gente ha iniziato a chiudere porte e finestre. Il sole, stremato dall'estate, se ne stava andando e ci raccoglievamo tutti in spazi intimi.
Scesa dal treno, in via Indipendenza, non staccavo gli occhi dagli uomini di passaggio. Tutti presi dal camminare, dalle cose da sistemare. Tu adesso hai cinquant'anni. Capelli neri, barba folta e scura. Gli occhi, come due calamite, che osservano avidi il mondo. Lo so di sicuro, io li ho presi da te. Il collo e le gambe magrissimi, la pancia gonfia e molle. Insomma, pochi indizi. Potevi essere ovunque e chiunque. Pure io, non credere, posso essere chiunque voglia, ma su un palco.
Foto di Bianca Ackermann su Unsplash
Cosa? Come mi chiamo? Alice e porto il cognome di mia madre. Cosa? Devo avvicinarmi al leggio? Vado? Leggo? Ok. "Quando lui non si accorse di me, smisi di cercare.". Devo usare un tono più alto? Sognante? Regista? Ma dove vai? Non dobbiamo finire il provino? Cosa vuol dire che hai un problema con tuo padre? E lo devi risolvere adesso? È il mio provino, il mio tempo!
I registi sono come un vestito nuovo, a volte troppo stretto o di un colore che non ti sta bene. In antitesi con te. Si fa l'impossibile per entrare da una di quelle porte e per non farsele sbattere in faccia. Anche il fallimento è parte del mio sogno.
Ah, sei tornato in fretta. Ricominciamo? Cosa? Io a chi assomiglio? E tu a chi assomigli? Mia madre dice che ho il colore degli occhi, e dei capelli, di lui. La dolcezza invece è quella di mamma. Dicono.
(Legge il copione) ‘Camminerò, guardando negli occhi ogni uomo, al riparo dalla pioggia sotto ai portici. Ci basterà incrociare lo sguardo. Un flash dentro l'anima.’. Lui saprà chi ha di fronte e io potrò dargli un volto perché ero troppo piccola quando se ne è andato via. Ho il diritto di dirglielo: ciao papà. Lo dico bene regista? Papà.
Papà mi piace stare fino all'alba, a fare la memoria, seduta alla mia finestra. Posso spaziare oltre le vie, immaginare la pace. Pensare di poter ritrovarmi, più forte di ieri, senza spazi cupi. A volte penso di avere un credito da riscuotere. Di essere un albero senza radici ma tutto questo, così mi consolavo, un giorno finirà in un abbraccio.
Cosa? Ma regista dove te ne vai ora? Tuo padre si è chiuso fuori di casa? Ah tuo padre non sta bene… La sue testa è andata! Ah. Ha dato uno schiaffo al vicino? Due schiaffi? Tre schiaffi e uno sputo? Ok. Ok, ti lascio il tempo di una telefonata. Certo, ci mancherebbe. Ma... scusa... io… io sto andando bene? Chissà se è sincero. Mio padre non lo era. Chi abbandona non è mai sincero.
Quando ho guadagnato i miei primi soldi mi sono rivolta a un'agenzia investigativa, in via Amendola. Un grosso portone di legno, una targa con scritto: 'Infedeltà coniugali. Riservatezza. Professionalità.'. Secondo loro lui è un medico importante. Mi hanno anche detto che ha un’altra, una figlia di otto anni. Probabilmente da grande anche lei farà il medico. Se lui mi fermasse, in via Indipendenza, gli chiederei se è fiero di me. Ma tanto farò l'attrice anche senza il suo consenso, l'ho già fatto senza il suo aiuto. Magari potremmo incrociare i nostri sguardi tra platea e palco, perché no?
Regista, sei tornato! Ah, mi stavi ascoltando... Da quanto? Come sta tuo padre? Come? È impazzito e non ti riconosce più... Mi dispiace. Non può o non vuole riconoscerti? Ah, pensa che tu sia l'amministratore del condominio…
Senti, bisogna saper andare oltre, come io ho fatto con mio padre. Dopo sedici anni di attesa. Sai, aveva sottobraccio una borsa in cuoio viola. Proprio viola. Ero in via Indipendenza. Mi sono bloccata, quel dolore tra stomaco e cuore, e ho sussurrato: ciao papà. Sembrava un'eternità ma poi lui si è lasciato risucchiare dal traffico dei pedoni. Del tutto indifferente. Un'onda lenta e inesorabile. Poi mi sono voltata, e l'ho vista. La manina di una bimba stretta alla sua. Una terribile testina con le trecce. Dottor papà, io non sono nei tuoi pensieri. Lo sono mai stata?
Regista, ce l'hai una figlia? Quanti anni ha? Otto. Pensi a lei? Le vuoi bene? Mia madre, sai, mi ama. Io, invece, amo fingere. Essere tutti per non diventare nessuno. Senza padre puoi avere mille volti, nessuna radice ti ha dato delle impronte da combattere.
Dai, sono pronta per la battuta finale. Dammi la luce giusta.
(Legge il copione)‘Quando lui non si accorse di me, smisi di cercare. Era l'autunno seguente.’. Presi il mio passato e lo seppellii sotto le memorie di copioni e copioni. Via Indipendenza non la percorro più con te in testa. Ora mi basto. Perché il mio inizio, e la mia fine, adesso appartengono all'Arte. E questo è il mio schiaffo per te, ciao papà.
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